Bresciaoggi – 19 giugno 2001

Il mondo dei Samovar fra Pinocchio e il jazz

Samovar- Doum Doum (Samovar 2001)La chiamano world-music. Musica del mondo: un’espressione onnicomprensiva che significa tutto e niente. Trattasi, in realtà, di una convenzione per definire ciò che è più anti-convenzionale. Una fantasia sonora che non conosce steccati, non ama le classificazioni, non distingue fratelli e fratellastri tra i cosiddetti generi.
I Samovar sono bresciani e fanno world music. Per loro folk e jazz possono benissimo convivere. Viva la contaminazione! I virtuosismi mettono radici nelle viscere della terra, musica alta e popolare si mischiano schivando con eleganza il rischio dell’eccesso (da una parte il cerebrale, dall’altra il banale).
Dice: non c’è più niente da inventare. I Samovar non hanno scoperto il santo Graal del suono, vero, ma affascinano per l’originalità. La personalità di chi interpreta la tradizione senza essere scolastico. Nessun esercizio di stile, anche se alla fine il mondo dei Samovar ha una sua manifesta coerenza. Così le percussioni sposano la fisarmonica, la chitarra duetta col violoncello. Il sole mediterraneo si tinge di Brasile, le piazze diventano spiagge tutte da ballare per chi ha orecchie allenate e ben tese.
Se i Madredeus sono un innegabile punto di riferimento, i Samovar ricordano i Quintorigo non tanto per la forma (qui nessuno canta, se non gli strumenti), quanto per la malinconia gentile che pervade ogni nota.
Difficile immortalare su disco una musica che ora trotterella ora galoppa secondo istinto, come animata di vita propria. Difficile, ma necessario per crescere e farsi conoscere. «Doum Doum» è uno dei manifesti possibili del progetto Samovar. Un patrimonio millenario di melodie semplici e suggestioni infinite torna così alla luce. «Pinocchio in groppa al tonno», splendido motivo ormai storico, rivive come la voce d’un popolo stanco e appassionato. «Alfama» dei Madredeus, fedelissima all’originale nello spirito, precede «Cromatico», affresco senza tempo di produzione propria.
Cresciuti con il teatro (avendo suonato musica per laboratori, con Arci, Teatro2 e Bsound), Aldo Bicelli (percussioni), Davide Bonetti (fisarmonica), Eva Feudo Shoo (chitarra) e Daniela Savoldi (violoncello) avvincono dal vivo alternando brani tradizionali («Hassapo Servico» dall’Ungheria, «Temporal» da Cuba) alla «Caravan» di Duke Ellington. «Giallo ocra, blu cobalto» è un altro pezzo proprio da mandare a memoria, suonato anche nel concerto che i Samovar hanno regalato alla rassegna «Scena Prima 2001» venerdì scorso a Milano, nei chiostri del museo Bagatti Valsecchi, dopo che la compagnia bresciana de Lo Spiraglio aveva messo in scena «La fabbrica dei santi».
I Samovar torneranno sul palco per Amnesty International il 30 giugno all’Alta Quota di Carpenedolo. Il 3 luglio suoneranno alla Festa di Rifondazione in via Gatti.

Gian Paolo Laffranchi